“… allora, com’è andata a scuola?” disse la mamma arruffando
i capelli al figlio.
“Così così…” risponde il bambino volgendo lo sguardo
dall’altra parte per non guardarla negli occhi.
Questa può essere una delle tante situazioni nella quale un
genitore si è trovato, nel vedere il proprio bambino eludere una domanda che
gli faceva del male.
Il bullismo è una
piaga vecchia come il mondo è una situazione che è sempre esistita ma che, solo
in tempi moderni, è stata additata come una piaga.
Fra bambini esistono scherzi, esistono baruffe ma viste
l’età diventano delle azioni temporanee che trovano quello che trovano, cioè
l’attimo; ma quando l’azione diventa
continuativa, persistente e quindi dura
nel tempo diventa un atto di aggressione che viene chiamato bullismo.
Il bullismo,
comunemente, è costruito su tre dimensioni fondamentali:
- L’intenzionalità che guida i comportamenti del bullo;
- La persistenza nel tempo, vale a dire la ripetizione continuata di episodi di prepotenza, che raramente costituiscono eventi isolati;
- La dimensione del potere, che si manifesta, per esempio, nello squilibrio di forza tra il bullo e la sua vittima.
I bulli agiscono
pubblicamente con comportamenti aggressivi nel tentativo di conquistare una posizione
di dominanza nel gruppo, perciò per aumentare la probabilità di successo, di
queste manifestazioni pubbliche di potere, essi scelgono come vittime i
coetanei più deboli fisicamente o psicologicamente.
Il bullismo può
essere diviso in due diverse tipologie che sono poi ulteriormente divise:
- Bullismo diretto
- Bullismo indiretto, o anche relazionale
Il bullismo diretto è quando il bullo
procura un danno e crea sofferenza alla vittima direttamente: picchiandola,
spingendola, toccandola (aggressione/bullismo fisico); oppure prendendola in
giro, ridicolizzandola o minacciandola (aggressione/bullismo verbale).
Il bullismo indiretto
(o anche bullismo relazionale) si
basa su strategie di controllo sociale: indurre i compagni ad attaccare la
vittima (anziché farlo in prima persona); oppure nel manipolare le relazioni
sociali per isolare pian piano la vittima dal resto del gruppo; oppure sminuendo
il valore come persona, colpendole l’autostima e cercando di bloccare le sue
relazioni di amicizia (aggressione/bullismo psicologico).
E, purtroppo, in questa nostra era tecnologicamente sempre
in evoluzione, si è fatto ormai strada anche il cyber bullismo o anche bullismo elettronico. Questa aggressione
consiste nell’uso di internet, cellulare e di tutte quello che può essere usato
per inviare messaggi o immagini minacciosi, denigratori e calunniosi.
Perché il cyber bullismo? Perché garantisce spesso
l’assoluto anonimato al bullo, consentendogli di essere più ingiurioso e
offensivo, con una probabilità più bassa di essere scoperto e punito rispetto
alle forme più tradizionali di bullismo visivo. Proprio questa forma di
anonimato lo rende ancora peggiore del bullismo “tradizionale” in quanto, non
essendo possibile sapere né l’identità né il numero di persone che stanno
dietro queste “aggressioni” (i messaggi), la paura provocata nella vittima è
ancora maggiore. Di conseguenza anche il livello di ansia suscitato nella
vittima e il suo desiderio di evitare la scuola e le interazioni con i ragazzi
possono essere particolarmente forti. In oltre, la possibilità di diffondere la
“documentazione” delle prepotenze sulla rete o direttamente tramite cellulare
consente al bullo di allargare all’infinito il suo pubblico di spettatori.
Un grande ruolo nel bloccare l’aggressione l’ha tutta la
società partendo dal genitore sino ad arrivare a chi gli crea l’insegnamento e
quindi l’educazione.
Per questo è giusto comprendere e capire i falsi miti che si
sono creati negli anni su questo particolare fenomeno:
- Le prepotenze sono giochi un po’ turbolenti che non fanno male a nessuno.
- Il bullismo fa parte del “normale” processo di crescita del ragazzo.
- Il bullismo “passa” da solo con il tempo.
- A volte sono le vittime/bambini/ragazzi stesse a “provocare” il bullo
- Le vittime/bambini/ragazzi devono imparare a “cavarsela” da soli.
- Il bullismo serve a “farsi le ossa” per diventare grandi.
- Gli adulti non dovrebbero incoraggiare la denuncia delle prepotenze, perché “fare la spia” è sbagliato.
- I bulli provengono da famiglie problematiche e una delle frasi più ricorrenti è “mio/a figlio/a non potrebbe mai fare una cosa del genere; non potrebbe mai essere un bullo/a!”
- Ecc.
Quante volte sono
state dette o sentite e quante volte non si è pensato veramente a quello che
stava succedendo?
Pensiamo a che cosa
succede adesso nella vittima e cioè nel nostro bambino/ragazzo:
- Problemi scolastici: rifiuto della scuola, scarsa concentrazione, abbandono, ecc.
- Problemi di internalizzazione: ansia, depressione, bassa autostima, ecc.
- Problemi di esternalizzazione. Aggressività.
- Isolamento ed ansia sociale
- Ritiro dalle relazioni
- Disturbi psicosomatici: disturbi del sonno, mal di stomaco, stanchezza cronica, urinazione notturna, mal di testa, ecc.
Per arrivare
all’estremo:
- Ideazione suicidaria.
- Tentativi di suicidio
- Suicidio
Nessuno vorrebbe che
il proprio figlio provasse questo ecco il perché vi deve essere un forte dialogo fra genitore, o
istituzione, e bambino/ragazzo perché questo è il primo passo per delimitare
questa malattia chiamata bullismo.
Il percorso, è una
strada in salita che porta ad un’unione fra il genitore e l’istituzione in cui
si dovrebbe collaborare e non scontrarsi.
Segnali di una possibile vittima
L’unico modo certo per capire se un bambino è vittima di un
bullo è quando racconta apertamente che cosa gli sta succedendo, vi sono però
alcuni segni che possono far risuonare un campanello d’allarme nella mente nel
genitore:
- Paura di andare a scuola con assenze spesso ingiustificate.
- Desiderio di cambiare scuola o mezzo di trasporto (se scuolabus) per arrivarci.
- Evitamento di specifiche lezioni o attività (palestra, piscina, gruppo di lavoro, ecc.).
- Richieste di soldi, o altri beni, frequenti e ingiustificate.
- Danni fisici che il bambino non riesce a spiegare.
- Oggetti personali (vestiti, zaino, penne, ecc.) frequentemente persi, rovinati o rotti.
- Frequenti mal di testa, di stomaco o altri malesseri (soprattutto al mattino) di cui non si comprende l’origine.
- Bassa autostima, umore spesso negativo, frequenti pianti, scoppi di rabbia improvvisa.
- Raccontare di non aver amici, rifiutarsi di raccontare ciò che succede a scuola.
- Difficoltà a dormire, frequenti incubi notturni, urinazione notturna, perdita di appetito, ecc.
Molto interessante e possibilmente da far conoscere il più possibile. E' utile e se possibile bisogna organizzare continuamente corsi a proposito.
RispondiEliminaLa prevenzione secondo me dovrebbe iniziare già all'ultimo anno dell'asilo con il supporto delle maestre.
marco Ferraro, dr